L’aborto non serve per salvare la vita della madre [pt. 1]

Con il ribaltamento della Roe e l’aborto già illegale, o che sta per diventare tale, in numerosi Stati, non c’è da sorprendersi se gli attivisti e i media pro-aborto abbiano incrementato la propaganda, cercando di far passare il messaggio che l’aborto sia necessario per preservare la vita o la salute della madre.
Le tattiche ormai sono fin troppo note. Gli attivisti pro-aborto evidenziano i casi più rari ed estremi per ottenere il sostegno popolare per la legalizzazione. E anche quando l’aborto fosse legale, volutamente ignorano che più del 99% degli aborti effettuati non hanno nulla a che vedere con i casi estremi che sono stati sfruttati per raggiungere l’obiettivo della legalizzazione.
Invece di utilizzare cinicamente il dolore delle donne in queste situazioni difficili come un grimaldello per raggiungere una trasformazione sociale e culturale, i propagandisti pro-aborto farebbero meglio a perseguire un modello di assistenza sanitaria dove si dà la priorità ad entrambi i pazienti della gravidanza – la madre e il figlio – come i medici pro-life stanno facendo da decenni con enorme successo.
Il fatto è che, come confermato da medici con decenni di esperienza nel settore, l’aborto non è mai medicalmente necessario. E non è assistenza sanitaria.
È vero che durante la gravidanza possono manifestarsi delle complicanze, come ad esempio diabete gestazionale, preeclampsia, problemi alla placenta e problemi cardiaci. Come scritto dal National Catholic Bioethics Center (NCBC): “L’ipertensione polmonare, ad esempio, può essere esacerbata dalla gravidanza: il volume addizionale di sangue dovuto alla gravidanza appesantisce il cuore già indebolito della madre e, in casi estremi, può portare all’infarto e addirittura alla morte sia della madre che del figlio”.
Comunque, in tali circostanze, i medici, che riconoscono e rispettano il valore delle vite sia della madre che del figlio, per prima cosa cercheranno di seguire delle strategie mediche che tengano conto della vita e della salute di entrambi i pazienti, spesso con il risultato che sia la madre che il figlio giungono in piena salute al termine della gravidanza, con grande gioia e soddisfazione di tutte le persone coinvolte.
Nello scorso mese di luglio, si è discusso in merito all’idea che l’aborto legale abbia creato delle strutture legali, sociali ed economiche che incentivano positivamente l’aborto, rendendo tutto più complicato per le madri che vogliono invece dare alla luce i propri figli. Si sarebbero dovute includere anche le strutture “mediche”. Questo perché in una società dove l’aborto è legale, i medici e gli operatori sanitari sono incentivati a seguire la strada “facile” ogni volta che incappano in una situazione difficile, suggerendo immediatamente l’aborto, anche in quei casi dove sarebbe possibile salvare la vita sia della madre che del figlio.
In alcuni casi, la motivazione per consigliare un aborto può essere legata alla preoccupazione per la responsabilità legale. Se i medici dovessero assumersi anche solo un minimo “rischio”, cercando una soluzione per entrambi i pazienti, c’è la preoccupazione che possano essere perseguiti legalmente se qualcosa dovesse andare storto. Comunque, la motivazione può anche derivare dall’incertezza riguardo a come gestire quel caso, a causa di una scarsa formazione o di dati medici affidabili riguardo ai probabili esiti.
In una società sana, l’assistenza sanitaria dovrebbe invece incentivare i medici (e gli operatori sanitari) a sviluppare e seguire soluzioni innovative che portino al miglior risultato possibile per madre e figlio. Invece, troppo spesso si arriva immediatamente all’aborto, togliendo a molte donne la possibilità di partorire in sicurezza, lasciandole per il resto della vita con il rimpianto.
Perfino alcuni medici abortisti ammettono l’infondatezza dell’idea che l’aborto sia necessario per salvare la vita della madre, e che i progressi nei trattamenti sanitari consentano ai medici di prendersi cura della madre e del figlio praticamente in ogni situazione. Come affermato dall’abortista Don Sloan (grassetto nostro ndr.):
“Se una donna con una malattia grave – malattie cardiache, per esempio, o diabete – rimane incinta, la procedura di aborto può essere pericolosa per lei quanto affrontare la gravidanza … con malattie come il lupus, la sclerosi multipla, persino il cancro al seno, la possibilità che la gravidanza porti a un peggioramento della malattia non è maggiore della possibilità che la malattia rimanga uguale o migliori. E la tecnologia medica è avanzata al punto che anche le donne con diabete e malattie renali possono affrontare in sicurezza una gravidanza se seguite da un medico che sa cosa sta facendo. L’idea che l’aborto possa salvare la vita delle madri è qualcosa a cui le persone si aggrappano perché suona nobile e puro, ma dal punto di vista medico probabilmente non esiste. È una vera forzatura del nostro pensiero.”
Indubbiamente, nonostante l’esistenza dell’aborto legale, negli ultimi anni sono stati fatti progressi nell’assistenza sanitaria e ora sappiamo che, in casi per i quali in passato si riteneva necessario l’aborto, è possibile portare felicemente a termine la gravidanza. Un piccolo studio pubblicato nel 2010, ad esempio, ha mostrato come ogni donna coinvolta, affetta da ipertensione polmonare, era riuscita a dare alla luce i propri figli.
Ci sono sempre più casi di donne malate di cancro che riescono a ricevere i trattamenti senza danni per i bambini. Questo grazie agli sforzi di alcuni dottori che si sono rifiutati di accettare il fatto che si debba sacrificare uno dei pazienti per salvare l’altro.
Continua…
Fonte: Human Life International (pubblicato il 18/07/2022)
Traduzione e adattamento a cura di
Marco Pirlo
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