Cosa aspettarsi con l’approvazione del rapporto Matić?

Lo scorso 24 giugno è stata approvata in quel di Strasburgo, sede del parlamento europeo, la risoluzione Matić riguardante la “situazione della salute sessuale e riproduttiva e relativi diritti nell’UE, nel quadro della salute delle donne”.
Intento dell’articolo non è quello di spiegare il contenuto del suddetto atto (per quello basta leggerlo, a Bruxelles non usano nascondersi dietro ad un dito le cose, per chi vuole leggerle, vengono dette chiaramente) ma quello di inquadrare in un’ottica squisitamente giuridica tale atto e le sue conseguenze.
Saltiamo subito al cuore del discorso per lasciare in coda la spiegazione più “tecnica”: questo atto cambierà qualcosa nel panorama legislativo e giudiziale italiano?
La risposta è negativa, almeno lo è nell’immediato, perché le risoluzioni del parlamento europeo non sono vincolanti per i paesi membri, bensì sono delle semplici constatazioni seguite da suggerimenti che l’Unione propone agli stati sulla base dei principi dell’Unione stessa.
Riportando la definizione che ne dà il testo Simone “Abitualmente quest’espressione si riferisce ad un atto adottato dal Parlamento europeo, che si pronuncia all’unanimità sul rapporto presentatogli da una delle sue Commissioni. La risoluzione ha in questo caso la portata di una raccomandazione, ossia atti non vincolanti, ed è indirizzata al Consiglio dell’Unione europea o alla Commissione delle Comunità europee”.
Riallacciandosi al punto di partenza quindi le conseguenze non saranno immediate e dirette, non volendo tuttavia sostenere che conseguenze non ci saranno.
Infatti, come si legge nella definizione, tali atti sono rivolti come “sollecitazione” ad altri organi, il più importante dal punto di vista dell’iniziativa legislativa è sicuramente la commissione, oltre agli stati membri, essendo questi a poter successivamente emanare altri tipi di atti, essi sì, vincolanti. Tuttavia dal punto di vista legislativo si può essere cautamente ottimisti. Infatti, come recita al punto D la risoluzione Matić “l’Unione europea non dispone di una competenza diretta per agire al fine di promuovere la salute sessuale e riproduttiva e i relativi diritti all’interno dell’Unione”.
A questo si aggiunga l’ormai leggendaria lentezza con cui il nostro paese si adegua alla legislazione europea, facendo trascorrere fino a 10 anni per ottemperare ad atti vincolanti come le direttive.
Quindi il rischio maggiore è un altro: la giurisprudenza.
Le corti di giustizia, primariamente europee ma anche quelle del Bel Paese, sono particolarmente ricettive a queste prese di posizione dell’Unione e, anticipando storicamente il legislatore, fungono da apripista per l’interpretazione del diritto nazionale alla luce dei principi provenienti da Bruxelles. Ci tengo a ribadire un concetto: tale atto non è vincolante ma questo non vieta che possa fungere da base alla giurisprudenza per interpretare normative vigenti (legge 194/78; 40/2004) in linea con i principi e le raccomandazioni enunciate nella risoluzione Matić, prospettando un’apertura sempre maggiore e sempre più rigorosa alla quale, come storicamente accade in queste materie, il legislatore successivamente si adegua.
Alex Lorusso