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Con Perseo in difesa di Andromeda

Perseo e Andromeda (fonte www.iconos.it)

Premetto che questa è un’interpretazione personale in chiave eminentemente simbolica. Non si straccino, pertanto, le vesti i sostenitori della “tecnica delle lettere” tra i quali, in virtù delle peculiarità dei miei trascorsi e correnti studi letterari, mi trovo e non mi trovo allo stesso tempo. Parlerò, dunque, di Andromeda, rielaborando rapidamente alcuni spunti che mi sono venuti in mente già da qualche anno, mentre scrivevo la tesi di laurea, incentrata per gran parte proprio sul mito di Andromeda e Perseo.

La trama è ben nota: per volontà di Poseidone, dio greco del mare, un mostro marino devastava il regno di Etiopia, sterminandone gli abitanti. Non sapendo come liberarsene, Cefeo, re d’Etiopia, si decise a chiedere consiglio all’oracolo di Giove Ammone. L’oracolo sentenziò che l’unico modo per far cessare il flagello fosse quello di offrire in sacrificio Andromeda, figlia di Cefeo. Pertanto, come di rito, la principessa fu spogliata delle sue vesti e legata ad uno scoglio in attesa del mostro. Tuttavia, mentre stava per compiersi il suo destino, l’eroe Perseo, di passaggio dopo aver ucciso la Gorgone Medusa, la vide e se ne innamorò, decidendo di salvarla. Così, sconfitto il mostro, liberata Andromeda e salvato il regno, Perseo potè tornarsene ad Atene insieme a lei, divenuta ormai sua sposa.

Non sono certo il primo a voler offrire una rilettura di questo racconto ma, forse, nessun altro ha provato finora ad applicarlo alla realtà concreta, particolarmente dal punto di vista ermeneutico-veritativo e bioetico. C’è stato chi, come Sofocle, Euripide, Ovidio e, più di recente, Gravina, ne ha sviluppato la trama; chi, come Eratostene di Cirene ed Igino, ne ha trasferito i personaggi tra le stelle; chi, come il grammatico Conone riportatoci da Fozio, ha provato a razionalizzare tragi-comicamente il racconto; chi, come Jacopo da Varagine, ci si è basato per elaborare letterariamente la narrazione agiografica di S. Giorgio ed il Drago; chi ne ha offerto un’interpretazione in chiave antropologica, fondata sul paradigma del sacrificio di una vergine innocente per salvare una città e, infine, chi, come i creatori de “I Cavalieri dello Zodiaco”, ha trasformato la bella principessa in un prode guerriero.

Eppure nessuno, che io sappia, ha visto in Andromeda, dietro le sue fattezze mitiche, l’immagine della nuda Verità. Essa, esposta dagli uomini di fronte al mare delle opinioni, dove le singole gocce si equivalgono eternamente, grida senza essere ascoltata e rischia di essere divorata da uno dei mostri abissali senza nome e dalla fisionomia incerta (perché di nomi e di fisionomie, in realtà, questi ne hanno avuti tanti nel corso della Storia). O meglio, rischierebbe di essere divorata, se non ci fosse Perseo che, grazie ai suoi sandali alati, piomba sul mostro, lottando contemporaneamente contro di esso e contro l’avversa corrente marina, e, alla fine, ritorna vincitore.

Ebbene, Perseo possiamo (e dobbiamo) esserlo anche noi, in particolare noi “Universitari per la Vita”, ogniqualvolta, forti delle armi della conoscenza con cui ci siamo addestrati, lottiamo per la Verità, troppo spesso sacrificata dalla “ragione” comune e da quella di Stato, contro le ideologie.

Certo, ci vuole coraggio, perché la sfida è ardua ed il tempo stringe, ma la posta in gioco, ovvero la salvezza dei tempi in cui viviamo, alla quale ciascuna persona di retta ragione e buona volontà è chiamata a contribuire, è altissima.

Florio Scifo

 

 

 

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