Ecco le terribili conseguenze della mentalità contraccettiva: la banalizzazione dell’aborto
L’aborto è un tema sempre “caldo”, divisivo, che infiamma gli animi, che davvero “svela i pensieri di molti cuori” parafrasando il Vangelo.
Eppure ci sentiamo di dire che l’aborto al giorno d’oggi è banalizzato. Può sembrare fuori luogo come affermazione, anche azzardata. Ma seguite il nostro ragionamento, e vedrete che non è così campato per aria. Ci sono diversi argomenti che sostengono questa tesi:
- Il dibattito pubblico è praticamente unilaterale. La maggior parte dei media è palesemente schierata a favore dell’aborto, e ogni forma di dissenso viene sminuita o ignorata;
- nonostante una narrazione a base di “diritti”, le decisioni istituzionali stanno sempre più virando a rendere l’aborto un fatto “privato” (emblematiche sono ad esempio la liberalizzazione della RU486, che può essere assunta senza ricovero, e l’eliminazione da parte dell’AIFA della ricetta medica, per richiedere la “pillola del giorno dopo” e la “pillola dei 5 giorni dopo”);
- l’aborto è proposto come una soluzione. Questo è il punto di approdo della mentalità contraccettiva trasmessa nelle lezioni di educazione sessuale: l’obiettivo non è vivere in modo responsabile la sessualità, ma innanzitutto imparare a ricorrere alla contraccezione (per “proteggersi” dall’altro) e poi, se qualcosa dovesse andare “storto”, se ci fosse una gravidanza “indesiderata”, a quel punto l’aborto diverrebbe l’unica soluzione possibile;
- la tematica dell’aborto è affrontata solo ed esclusivamente dal punto di vista della donna. Le sue emozioni sono l’unico termine di paragone. La 194 ha avuto un impatto tale da far sì che automaticamente vengano escluse le altre due figure coinvolte nel processo: il padre e il bambino, che peraltro non può nemmeno esprimere la sua opinione in merito e, di fatto, difendersi da un procedimento che lo porterà alla morte.
Alcune scuole di pensiero negli anni hanno portato avanti posizioni “di compromesso” che indicano come la contraccezione sia un male “accettabile”, in quanto ridurrebbe il numero degli aborti. Questa affermazione può essere smentita su più livelli.
I dati di Paesi dove c’è una grande promozione della contraccezione d’emergenza (es. Francia) dimostrano inequivocabilmente come l’aumento dell’uso della contraccezione vada di pari passo con l’aumento delle cosiddette IVG (Interruzioni Volontarie di Gravidanza). Questo fenomeno si spiega in base al meccanismo psicologico di “compensazione del rischio”: tanto più il rischio è percepito come ridotto, tanto più si è portati ad assumere comportamenti normalmente considerati rischiosi. E nell’ambito della contraccezione funziona così: confidando nella contraccezione “sicura” aumentano i rapporti promiscui e instabili, che a loro volta aumentano la probabilità di gravidanze indesiderate e conseguentemente la probabilità di ricorrere all’aborto.
Un altro piano sul quale l’affermazione “la contraccezione riduce il numero degli aborti” può essere smontata è quello morale. Riprendendo le parole di Paolo VI:
“In verità, se è lecito, talvolta, tollerare un minor male morale al fine di evitare un male maggiore o di promuovere un bene più grande, non è lecito, neppure per ragioni gravissime, fare il male, affinché ne venga il bene, cioè fare oggetto di un atto positivo di volontà ciò che è intrinsecamente disordine e quindi indegno della persona umana, anche se nell’intento di salvaguardare o promuovere beni individuali, familiari o sociali.” [1]
Una pratica intrinsecamente malvagia, come appunto, la contraccezione, che viola l’integrità dell’atto sessuale e si oppone alla castità matrimoniale, non può portare al bene, ma solo ad altro male (in questo caso l’aborto, che viola esplicitamente il quinto comandamento “non uccidere”).
Si vede come di fatto contraccezione e aborto siano strettamente collegati. Concludendo con le parole di Giovanni Paolo II:
“Aborto e contraccezione sono due frutti della medesima pianta […] tali pratiche affondano le radici in una mentalità edonistica e deresponsabilizzante nei confronti della sessualità e suppongono un concetto egoistico di libertà che vede nella procreazione un ostacolo al dispiegarsi della propria personalità. La vita che potrebbe scaturire dall’incontro sessuale diventa così il nemico da evitare assolutamente e l’aborto l’unica possibile risposta risolutiva di fronte a una contraccezione fallita”[2]
Bibliografia
[1] Enciclica “Humanae Vitae” cap. 2, paragrafo 14
[2] Enciclica “Evangelium Vitae”, cap. 1, paragrafo 13
Marco Pirlo
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