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L’importanza di dire no.

Oggi vorrei condividere con voi una piccola riflessione.

Un giorno, durante gli anni delle superiori, la professoressa di religione chiese: “cosa ne pensate dell’aborto?”. Non ricordo la discussione generale, ma ricordo quella tra me e la mia compagna di banco, oggi madrina di mia figlia. Io, confusa sull’argomento, ero tra quelli che “non approvo l’aborto, ma in certi casi…”, mentre lei, insieme a una delle “avanti-banco”, era decisamente contraria. Rimarco quel decisamente perché non ricordo le parole esatte della discussione, ma ricordo la sua fermezza nel dire no. Ricordo il suo atteggiamento quasi rude e l’espressione di chi non vuol sentire ragioni perché, convinto del fatto suo, sa che qualsiasi argomentazione sarà insufficiente a fargli cambiare idea.

In seguito a questo episodio, ogni volta che mi capitava di pensare alla questione o che si intavolava una discussione a riguardo, il “no” della mia amica, con tutta la sua durezza, riecheggiava nella mia mente come qualcosa con cui dover fare i conti, fin quando io stessa, incinta, mi sono ritrovata ad oppormi con la stessa durezza a chi mi proponeva di abortire.

Dove voglio arrivare?

A volte, nella nostra battaglia, sentiamo di non fare abbastanza o di avere dei limiti. Questo è normale, ma ciò non deve impedirci di dare un contributo, secondo le nostre possibilità.

Non c’è bisogno di essere grandi teologi o grandi biologi per affermare il valore della vita umana, né di avere grandi doti oratorie o saper scrivere come Manzoni per portare delle vittorie in questa battaglia.Mi viene in mente la preghiera «Gesù parla a un’anima: “amami come sei”» scritta da Mons. Lebrun:


[…]
Amami come sei… In ogni istante e in qualunque situazione tu sia,
nel fervore o nell’aridità, nella fedeltà o nella infedeltà,
amami come sei…
Voglio l’amore del tuo povero cuore;
se aspetti di essere perfetto, non mi amerai mai.
Non potrei forse fare di ogni granello di sabbia
un serafino radioso di purezza, di nobiltà e di amore?
[…]

Mons. Lebrun, Ecce Mater tua, n. 268

In queste parole Cristo ci chiama ad amarLo, in qualsiasi condizione noi ci troviamo. Sappiamo bene però che l’amore che si porta a Cristo passa inevitabilmente da quello che portiamo verso il nostro prossimo. Nel piccolo della nostra missione allora l’amore per i nostri fratelli, che si tratti di adulti, anziani, bambini la cui vita è minacciata o di chi è ancora nascosto nel grembo materno, deve riempire ogni nostra azione, anche quella apparentemente più insignificante.

Ognuno di noi ha delle particolari inclinazioni, dei talenti che certamente è bene coltivare e mettere a servizio della giustizia. Tuttavia non dobbiamo sottovalutare la forza dei piccoli gesti che, se fatti con amore e umiltà, possono valere più di mille grandi imprese fatte per vana gloria. Leggiamo nel Siracide: “l’ape è piccola tra gli esseri alati, ma il suo prodotto ha il primato fra i dolci sapori.” [Sir 11,3].

Amore a volte può significare anche durezza, inflessibilità. Pensiamo a una madre o a un padre che si oppone alle richieste di un figlio, per preservarlo da una situazione di pericolo. È probabile che da questo “no” consegua un pianto o un recalcitrare momentaneo, ma qual è il beneficio che ne scaturirà a lungo termine?

Con questa fermezza dobbiamo portare avanti la nostra battaglia. La società ci propone l’aborto? Noi rispondiamo no. E non abbiamo idea della portata di questo piccolo atto contro-rivoluzionario, né dei frutti che, a tempo debito, porterà.

Sara Sanna

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