Amici degli UPV: Padova
Intervista alla portavoce degli Amici degli Universitari per la Vita di Padova
Iniziamo con una breve presentazione: come ti chiami? Quanti anni hai? Cosa fai nella vita?
Mi chiamo Mariana e ho 22 anni, sono nata a Padova ma metà della mia famiglia viene da un paesino di montagna in provincia di Udine. Ho frequentato il liceo scientifico e subito dopo la maturità mi sono iscritta alla Facoltà di Economia alla quale mi sono appena laureata e dove ho deciso di proseguire anche negli studi magistrali in Economia e Finanza. Sono scout dall’età di otto anni e questa esperienza ha avuto un forte impatto sul mio carattere, definendo in gran parte quella che sono attualmente. Ho fatto diverse esperienze di studio all’estero e un’esperienza di volontariato in Africa dove spero di tornare presto. Ho diverse passioni, come ad esempio la fotografia e la storia contemporanea, ma quella che più di tutte cerco di perseguire attualmente e a cui spero di dare una direzione più professionale è l’escursionismo montano, soprattutto invernale.
Da dove nasce il tuo impegno attivo a difesa della vita?
Il mio impegno attivo nasce piuttosto casualmente: sin dai primi anni della scuola superiore sono sempre stata molto attenta alle questioni d’attualità ed etiche che man mano si presentavano, ma fino a qualche anno fa mi limitavo ad osservare passivamente la situazione. Poi ad un certo punto, nel marzo 2015, mi sono ricordata di un gruppo di attivisti presenti nella mia città di cui mi aveva parlato mia madre, così sono andata a cercarli su internet e successivamente li ho incontrati di persona. All’epoca la difesa della vita dal concepimento alla morte naturale non era ancora la questione centrale del loro operato, ma quell’incontro mi ha permesso di scoprire un mondo molto ampio e variegato di associazioni prolife che in tutta Italia si spendono costantemente per diffondere la cultura della vita sempre meno presente nella nostra società. Da quel momento ho iniziato a spendermi attivamente e da circa un anno e mezzo faccio parte del Comitato Difendiamo i Nostri Figli che anche a Padova ha organizzato alcuni eventi informativi per spiegare alla cittadinanza ciò che a livello legislativo e culturale sta avvenendo nella nostra società.
Cosa ti ha colpito degli Universitari per la Vita? Perché hai deciso di aderire a questo Movimento?
Ho conosciuto per la prima volta gli Universitari per la Vita alla marcia per la vita di Roma del maggio scorso e sono subito rimasta colpita dall’entusiasmo con cui questo gruppo di ragazzi miei coetanei cercavano di diffondere il messaggio prolife. Ma la cosa che più di tutte mi ha impressionato, in senso positivo ovviamente, è stato ascoltare il racconto di ciò che stanno facendo negli atenei romani e della buona volontà con la quale affrontano le numerose difficoltà che l’attuale clima pone. La loro tenacia e la loro perseveranza mi hanno ispirato e da qui è nata l’idea di aderire a questo Movimento e di portarlo anche nella mia città e nei suoi dipartimenti universitari dove tanti giovani non si sono mai posti interrogativi sul diritto assoluto alla vita e se se li sono posti spesso e volentieri hanno solo ricevuto risposte pronte a negarlo.
Puoi dirci qualcosa della realtà nella quale abiti/studi? Credi che ci siano giovani che possano condividere questo nostro impegno?
La storia della mia città fa sì che spesso essa si trovi fortemente divisa su molti argomenti, da quelli politici a quelli etici. Negli ultimi anni le differenze di pensiero si sono smorzate e la tensione tra i diversi “schieramenti” si è allentata rispetto alla situazione in cui Padova si trovava ad esempio negli anni ’70 e ’80 del secolo scorso, ma è comunque facile constatare come certi ambienti, ad esempio alcuni dipartimenti dell’Università, e certe fasce d’età, come i giovani, siano più rivolti a correnti di pensiero che potremmo definire “progressiste” e a volte sembra non esserci spazio per realtà che invece si pongono in netto contrasto con queste correnti e che vogliono riaffermare dei concetti, come ad esempio il diritto alla vita in senso assoluto e non relativo, che ormai sembrano superati. Nonostante ciò però penso che ci sia spazio per una realtà come la nostra e per tante altre simili, perché sicuramente ci sono ancora molti ragazzi che condividono la nostra voglia di dare voce ai più deboli e perché ce ne sono anche molti altri che, seppur non la condividono, saranno curiosi nel vedere qualcuno che rimette in discussione certe “conquiste”, come ad esempio la falsa percezione dell’aborto come diritto della donna, che molti danno ormai per assodate e irrinunciabili.
Cosa ti senti di dire alla nostra generazione in questo momento?
Ho fatto molti anni di scoutismo durante i quali ho imparato cosa significa avere coraggio e fare delle scelte sapendone affrontare le conseguenze, perciò vorrei dire alla nostra generazione, che spesso non si esprime e non si spende in battaglie come queste per paura di essere isolata o criticata dagli altri, che spesso, anche se a livello personale si può venire danneggiati, per il bene della collettività, per il bene di quelli che in futuro saranno i nostri figli, bisogna avere il coraggio di fare delle scelte controcorrente. Il bello di essere giovani è che abbiamo molte energie e molto più tempo di certi adulti in carriera e con famiglia per inseguire i nostri sogni e per lasciare un segno nel mondo. I nostri sogni a volte sono personalistici e sicuramente seguire le proprie aspirazioni è una cosa positiva, ma è anche bello lasciare spazio e mettere a servizio le proprie energie per ciò di cui la società ha bisogno e penso che, tra le tante cose, una delle necessità più urgenti al giorno d’oggi sia quella di riscoprire il senso della vita, dal concepimento alla morte naturale e in tutte le sue sfaccettature.
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“Megio el tacon, che sbregon”, ossia “meglio il rattoppo che la rottura” è un proverbio che invita a rimediare al male e alle cose che non vanno bene al meglio delle nostre forze!