La RU486 non ha l’ultima parola! Parliamo di Abortion Pill Reversal anche in Italia!

Questo articolo vuole parlare della APR (Abortion Pill Reversal), una terapia nata negli Stati Uniti per invertire l’effetto della pillola abortiva RU486 e consentire di portare avanti la gravidanza in caso di ripensamento riguardo alla decisione di abortire.
Su questa terapia c’è una premessa fondamentale da fare: non c’è ancora un parere scientifico unanime, dato anche l’esiguo numero di studi a riguardo. Tuttavia riteniamo opportuno parlare di questa terapia per far sapere che esiste e che potrebbe davvero diventare una risorsa importante.
Prima di procedere, è necessario un breve focus su come funziona la RU486: la procedura comprende l’assunzione di due pillole, la prima a base di mifepristone e la seconda a base di misoprostolo. Il mifepristone si lega ai recettori del progesterone (l’ormone che permette l’avanzamento della gravidanza, peraltro già utilizzato in medicina per prevenire aborti spontanei e nascite premature) e di fatto blocca l’impianto dell’embrione. La seconda pillola invece stimola le contrazioni uterine e quindi l’espulsione del feto.
La storia dell’APR inizia nel 2009, quando il dott. Delgado riceve una richiesta da una paziente disperata per aver assunto la prima pillola abortiva, data la sua intenzione di non portare avanti la procedura abortiva. Proprio sulla base del funzionamento del mifepristone il prof. Delgado intuisce che per contrastare l’azione del mifepristone si sarebbero potute fornire dosi massicce di progesterone in grado di far “ripartire” la gravidanza. In quel caso la sua intuizione funzionò e nacque una bimba.
Da quel momento Delgado studia la questione dell’APR pubblicando alcuni articoli a riguardo.
Nel 2012 pubblica uno studio condotto su 6 donne in gravidanza, 4 delle quali, grazie alla APR, hanno portato a termine la gravidanza. L’articolo è stato però criticato nel 2017 dall’American College of Obstetricians and Gynecologists (ACOG) perché la metodologia di studio non prevedeva un gruppo di controllo.
Nel 2015 è stata pubblicata una review nella quale sono stati comparati articoli scientifici che confrontavano la continuazione della gravidanza dopo l’assunzione del mifepristone e dopo l’assunzione del progesterone per indurre l’inversione. È stato osservato che, nei casi in cui una donna si pente e decide di interrompere la procedura abortiva dopo l’assunzione del mifepristone, l’effetto del progesterone sembrerebbe trascurabile.
Delgado ha pubblicato uno studio più ampio nel 2018, che ha viste coinvolte 754 pazienti e la cui conclusione è che l’inversione degli effetti del mifepristone utilizzando il progesterone è sicura ed efficace, avendo riscontrato dei tassi di inversione dell’aborto del 64% e del 68%, rispettivamente con iniezione intramuscolare e ingestione di una pillola di progesterone.
Anche questo studio è stato criticato in quanto mifepristone e placebo non sono stati assegnati in maniera randomizzata. Delgado si è difeso sostenendo che, essendo in ballo la possibilità di salvare delle vite umane, non sarebbe stato etico impostare lo studio in quella maniera.
Nel 2019 si è avviato un nuovo studio, che inizialmente prevedeva il coinvolgimento di 40 donne, per controllare l’effetto del progesterone nel contrastare l’effetto del mifepristone. Di fatto lo studio è stato interrotto dopo che sono state coinvolte 12 donne in quanto 3 di queste hanno avuto emorragie durante la terapia. Le emorragie sembrerebbero essere state causate non dal progesterone, ma dall’assunzione del solo mifepristone senza la successiva somministrazione di misoprostolo. Ad ogni modo questo studio non è stato in grado di dimostrare l’efficacia del progesterone nell’inversione della procedura abortiva. Ad oggi sembra essere l’ultimo studio effettuato a riguardo.
Come è stata accolta la tecnica APR?
Secondo quanto riportato dal NY TImes, nel 2012 il dott. Delgado ha creato un sito e aperto un centralino per dare informazioni riguardo all’APR. In quell’anno ricevette 28 chiamate. Ma nel corso degli anni le chiamate sono progressivamente aumentate: 200 nel 2013, oltre 400 nel 2014 e oltre 600 nel 2016. Evidentemente sta crescendo l’interesse riguardo a questa tecnica.
Heartbeat International, un’organizzazione che si occupa di fornire servizi di APR a chi lo richiede, afferma di aver salvato la vita di più di 2000 bambini grazie alla APR!
Per quanto riguarda l’Italia, al momento non esiste una rete paragonabile a quella presente negli USA, ma qualcosa sta cominciando a muoversi. Uno dei principali sostenitori è il dott. Renzo Puccetti.
La speranza è che innanzitutto la cultura abortista perda terreno, con una conseguente reale riduzione degli aborti. Oltre a questo, confidiamo che continuino gli studi su questa tecnica promettente, per renderla sempre più sicura e affidabile in caso sia necessario ricorrere ad essa.
Marco Pirlo
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