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L’ipocrisia di chi piange (anche) un cucciolo di elefante, ma condanna a morte milioni di cuccioli d’uomo.

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Due giorni fa è uscita la notizia che in India è morta un’elefantessa e il suo cucciolo che portava in grembo per aver ingerito un ananas ripieno di petardi. Va subito detto che la notizia è stata riportata in modo incorretto, l’ananas di petardi non le è stato dato da mangiare con l’intento di vederla morire per divertimento, ma è stato messo da dei contadini con lo scopo di proteggere i propri terreni dalla devastazione dei cinghiali selvaggi, e per errore è stato trovato ed ingerito dalla sfortunata elefantessa incinta.

Qualcuno potrebbe dire: e allora? non cambia! se l’avesse mangiato un cinghiale sarebbe stato altrettanto crudele! Fermo restando che gli intenti (quello vero e quello falsamente narrato) sono evidentemente non equiparabili, non è questo il punto su cui ci vogliamo soffermare.

Dando per buona la notizia come falsamente narrata, si sono visti in Italia post lunghissimi e seguitissimi di gente che giustamente condannava il fatto, ma poi iniziava a condannare l’intero genere umano (dimenticando forse di farne parte) con frasi come “anche oggi l’umanità ha fallito” o “finché l’uomo continuerà con queste atrocità sarà lui la bestia”. Ma anche questo non è il punto che ci interessa sottolineare.

Le gravidanze degli elefanti di questa razza durano circa 22 mesi, questa elefantessa avrebbe partorito fra 18, dunque si trovava a circa 4 mesi su 22 (18% della gravidanza).

L’aborto è consentito, in Italia, entro i primi 3 mesi su 9 (33% della gravidanza) se non oltre. In altri Paesi le percentuali variano arrivando anche fino al 100%.

Qualcuno si è per caso fatto tutti questi calcoli prima di dire (giustamente) che quello che portava l’elefantessa in grembo fosse semplicemente suo figlio, un elefantino, e non: parte del suo utero, un grumo di cellule, solo un feto, non senziente, non ancora formato, non autosufficiente ecc…

Qualcuno se l’è domandato? O per gli animali è scontato che se una femmina è incinta e muore, muore pure suo FIGLIO, mentre per i “cuccioli d’uomo” ci inventiamo qualsiasi giro di parole, qualsiasi appiglio pseudo scientifico (smentito abbondantemente), pur di consentire che i figli dell’uomo vengano avvelenati o smembrati nei grembi delle loro stesse madri?

L’aborto tra l’altro è ben peggiore per almeno due motivi: 1) a perdere la vita è un essere umano (se la vita dell’uomo valesse quanto quella animale dovremmo tutti costituirci per l’assassinio di zanzare e insetti vari che sicuramente ci sarà capitato di commettere). 2) la povera mamma elefante non ha scelto la morte di suo figlio, è capitato; la donna che sceglie di abortire (così come chiunque la sostenga o collabori alla pratica abortiva) si rende invece responsabile in prima persona della morte del figlio che porta in grembo, ricorrendo all’utilizzo del personale medico che dovrebbe essere deontologicamente vincolato a salvare vite, non ad ucciderle.

Quindi, fermo restando che uccidere animali per divertimento (anche se non è questo il caso) è qualcosa di perverso ed aberrante da condannare, se ci si scandalizza per la morte di un feto di elefante ma non per l’uccisione di un feto umano, anzi, magari a promuoverla sono proprio gli stessi, allora sì che “l’umanità ha fallito” perché “finché l’uomo continuerà con QUESTE atrocità sarà lui la bestia“.

P.S. è ovvio che di per sé la vicenda di un’elefantessa incinta che muore insieme al figlio in questo modo non c’entri nulla con una donna che decide di abortire suo figlio, ma se si rappresenta così (prima immagine) un’elefantessa incinta al quarto mese su 22, è giusto che venga rappresentato così (seconda immagine) un aborto consentito fino al terzo mese su 9 se non di più.

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Non si può piangere (giustamente) la morte di mamma e figlio elefante se contemporaneamente però si promuove l’uccisione dei figli dell’uomo, permettendo che questi vengano fatti a pezzi nel grembo delle loro stesse madri.

 

Arianna Trotta

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