Diventa Pro-life dopo aver salvato il suo bambino dall’aborto farmacologico
23 Aprile 2020 (Pregnancy Help News)
“Non avrei mai dovuto essere messa nella condizione di poter portare via la vita di mio figlio” scrive Rita. Ora è felice di non averlo fatto.
Rita ed il suo fidanzato si trovavano nel bel mezzo di un viaggio di tre ore per tornare a casa, quando lei ha iniziato ad avere emorragie. Era incinta da otto settimane ed aveva appena lasciato una struttura per l’aborto, dove aveva avviato un aborto chimico.
Come ricorderà successivamente Rita, l’emorragia era “così intensa da sembrare un rubinetto che non si chiude”.
Il suo fidanzato la portò in fretta in un ospedale, dove le fu fatta una trasfusione e venne tenuta sotto controllo per i successivi tre giorni. “Sentivo talmente tanto dolore che sembrava che mi stessero lacerando dall’interno”, ha riferito.
Tuttavia, nonostante il terrore di quei pochi giorni in ospedale, Rita ebbe modo di scoprire qualcosa che le avrebbe portato immensa gioia: lei era ancora incinta ed il cuore del suo bambino batteva ancora.
Appresa questa notizia, era ancora possibile per lei procedere ad un trattamento salvavita noto come “inversione della pillola abortiva” (reversal). Per la gioia di Rita, questo trattamento si rivelò efficace. Ora, circa due anni dopo quel fatidico giorno di viaggio, Rita è la madre di un allegro bambino di un anno.
“Lui ha ora 15 mesi ed è il più dolce, felice e bel bambino su cui io abbia mai posato gli occhi!” ha scritto Rita in un post su Facebook pubblicato dall’avvocato pro vita Laura Klassen. “Dio mi ha veramente accompagnata ed ora capisco il perché: mio figlio è la mia più grande benedizione”
Così dirompente è stata questa esperienza per la vita di Rita, che ora lei è diventata incondizionatamente pro vita. Secondo un messaggio che lei stessa ha inviato alla Klassen, però, la sua posizione non è sempre stata questa.
Rita ha spiegato di essere cresciuta con l’idea che l’aborto fosse una scelta e che un bambino non nato, ancora nel ventre, non fosse un essere umano. La sua stessa madre ha avuto due aborti.
Ma a causa di questa toccante esperienza dell’aver salvato il suo bambino, Rita è stata in grado di aiutare sua madre a diventare anche lei pro vita.
“Non avrei mai dovuto essere messa nella condizione di poter portare via la vita di mio figlio”, ha scritto Rita alla Klassen “e vederlo qui oggi è una tale benedizione! Lui ha un’anima radiosa con un’energia allegra, divertente e sorridente che irradia la stanza! Lui, come tutti gli altri bambini, merita di vivere!”
Proprio questo è ciò che la squadra al Centro di Soccorso contro la Pillola Abortiva (Abortion Pill Rescue) spera di garantire. Il gruppo, una rete di oltre 800 medici guidata da Heartbeat International, fin da quando è stato lanciato, un decennio fa, ha aiutato a salvare oltre 1100 persone da aborti chimici già avviati.
“Molte donne si pentono dei loro aborti e spesso questo pentimento le porta dalla parte giusta”, dice Christa Brown, direttore di Medical Impact per Heartbeat International. “Molte donne contattano il Centro fin dal momento in cui riprendono la macchina dopo essere state alla clinica abortiva. Oppure, come nel caso di Rita, il ripensamento inizia durante il ritorno a casa. Si manifesta il fatto che stanno ponendo fine alla vita di un bambino e vogliono sapere se c’è possibilità di tornare indietro”.
Un aborto chimico, a cui spesso ci si riferisce anche come “pillola abortiva” o RU-486, di fatto coinvolge due farmaci (lett. “droghe”). Il primo, assunto da Rita, è mifepristone, un farmaco che destabilizza la gravidanza bloccando i recettori di progesterone. Il secondo, generalmente misoprostol, stimola le contrazioni, forzando il corpo della donna ad espellere il bambino in un momento molto prematuro, spesso in casa.
Se una donna cambia idea dopo aver preso il primo farmaco, potrebbe comunque riuscire a salvare il suo bambino con l’intervento della Rete di Soccorso contro la Pillola Abortiva (Abortion Pill Rescue Network). Chiamando il numero di soccorso (8775580333), attivo 24h su 24 e 7 giorni su 7, viene messa in contatto con il medico che le propone il trattamento.
Brown riferisce che anche in casi apparentemente disperati, come quello di Rita, è stato possibile salvare bambini. “Alcuni affermano che un’emorragia verificatasi dopo aver assunto mifepristone significa che è troppo tardi per salvare il bambino”, ha detto Brown. “Tuttavia ciò non necessariamente è vero”.
Brown ha fatto notare che il mifepristone è noto per causare febbre, violente emorragie, dolori addominali e nausea.
“La Food and Drugs Administration afferma che tra le conseguenze del mifepristone ci possono essere crampi e sanguinamento vaginale e avverte che una donna su cento manifesterà emorragie così gravi da richiedere un intervento chirurgico”, dice ancora.
Combinati con il secondo farmaco, il misoprostol, gli effetti di un aborto chimico sono ancora più allarmanti.
“Sono molto preoccupata in merito alla pillola abortiva perché, a parte il fatto che si tratta di uccidere un bambino, la si propaganda alle giovani donne come ‘di facile utilizzo’ e ‘sicura’, dicendo loro che ‘potete tranquillamente assumerla tra le comodità della vostra casa’”, ha detto Laura Klassen in un’e-mail al Pregnancy Help News. “Tuttavia”, continua, “io sento quotidianamente storie orribili”. Alcune di queste sono state recentemente pubblicate nella sua pagina Facebook.
“Quel che ho scoperto è che la RU-486 è molto più sanguinaria e dolorosa di quanto non la dipinga l’industria abortista”, ha dichiarato Klassen. “Quel che quotidianamente sento è che le donne sono spesso mandate in ospedale durante la procedura perché si manifestano emorragie, oppure devono tornarci settimane dopo perché alcuni residui sono rimasti all’interno del corpo”.
Brown conferma che la Rete di Soccorso contro la Pillola Abortiva è al corrente di simili situazioni. “Lo staff medico del Centro sente dire dalle donne che sono spaventate, sole e con gravi emorragie”, ha riferito, “perché l’aborto chimico è spesso presentato come qualcosa che ‘induce una mestruazione’ e visto che coloro che offrono pratiche abortive descrivono spesso l’emorragia come spotting, molte donne sono sconvolte dalla quantità di dolore e sanguinamento causato dalla pillola abortiva”.
Comunque, se una donna contatta il Centro di Soccorso contro la Pillola Abortiva poco tempo dopo aver preso il primo farmaco, potrebbe evitare di subire questa esperienza.
Nei casi in cui un ultrasuono può ancora avvertire il battito del cuore del bambino, anche se fievole, si può partire con il trattamento di inversione della pillola abortiva. Per iniziare il processo, il medico prescrive alla donna incinta un progesterone bioidentico, come Prometrium. La speranza è che “inondando” il suo corpo con progesterone, si possa ristabilire la gravidanza.
“Questo ha l’effetto di sovraccaricare di progesterone i recettori posizionati nell’utero e nella placenta e funziona nel 68% dei casi”, dice Brown, riferendosi ad uno studio del fisico George Delgado, uno dei fondatori del Centro di Soccorso contro la Pillola Abortiva.Con sempre più bambini salvati dal trattamento, Brown afferma che il protocollo è un importante progresso per le donne.
“Il Centro potenzia le donne dando loro una vera possibilità di scelta. Nessuna donna dovrebbe sentirsi obbligata a portare a termine una procedura che non desidera”, conclude.
Traduzione dell’articolo di lifesitenews.com a cura di Florio Scifo