Quale vita prima della vita? In viaggio tra bio-logia e zoo-logia
L’obiettivo che mi sono proposto in questo breve contributo è quello di confrontare le parole che gli antichi Greci e Romani utilizzavano per riferirsi alla vita, individuandone analogie e differenze e verificando se (e come) le si possa ricondurre ad una sintesi. Non si tratta, credo, di un lavoro completamente originale, ma sarà certamente utile in un’epoca in cui le riflessioni di carattere bio-etico sono all’ordine del giorno. Perfino nella prima prova dell’esame di maturità, come è ormai noto, quest’anno una delle tracce scelte dall’ex Ministro V. Fedeli invitava gli studenti a riflettere sul tema della clonazione. Un tema che, prima ancora di ragionare sulla sua utilità pratica ed attuabilità, pone problemi non irrilevanti di natura religiosa, filosofica e, per l’appunto, bioetica. Quest’ultimo aggettivo è particolarmente interessante ai fini della mia ricerca: come si può notare, infatti, esso è un grecismo composto dall’unione dell’aggettivo ἠθικός (hethikόs, cioè “riguardante la morale”) e, soprattutto, dal sostantivo maschile βίος (bίos), che significa “vita”.
La parola βίος, etimologicamente riconducibile all’indoeuropeo “gweie”, è di origine antichissima, al punto che la si attesta già in Omero (Odissea XV, 491). Scorrendo le fonti, i significati nel vocabolario e svariati studi, sembra che βίος sia da intendersi anzitutto in senso quantitativo, vale a dire in rapporto alla durata dell’esistenza di un certo essere vivente (uomo o animale) su questa terra. In tal senso potrebbero testimoniare, tra l’altro, le accezioni di “soggiorno”, “dimora”, “residenza” ma anche quella, singolarissima, di “vita eterna” (ἀθάνατον βίον, athànaton bίon) che si trova in Pindaro (Pitiche, III, 61). Ancora ad un’idea di vita materiale protesa nel tempo si riferiscono gli accenni ai “beni” ed ai “mezzi per vivere”. Tuttavia la questione, dal punto di vista delle fonti classiche, è tutt’altro che semplice: essa viene, infatti, apparentemente complicata dal geografo Strabone e dal biografo Plutarco, che applicano al βίος l’idea di separazione e di unicità nel contesto umano, attribuendogli rispettivamente le accezioni di “casta” e “vita individuale”. Nel caso dei Βίοι παράλληλοι (Bίoi paralleloi, cioè “Vite parallele”) di Plutarco si potrebbe, certo, sostenere di avere a che fare con una semplice concatenazione cronologica di azioni compiute da personaggi illustri della storia greco-romana; però la narrazione plutarchea non ha carattere cronachistico ed ogni evento raccontato, ma anche la stessa scelta dei personaggi, è volto a sottolineare la straordinarietà del protagonista di ciascuna Vita. Straordinarietà che significa, evidentemente, separazione dall’ordinario. Insomma, il βίος è la vita intesa in senso oggettivo, come nella moderna “biologia”, ma è anche, specificamente, la vita umana, sempre straordinaria pur nella sua ordinarietà.
Il secondo termine sul quale intendo spendere qualche parola è ζωή (zoé). Dal punto di vista semantico non si notano molti cambiamenti rispetto a βίος, tuttavia ζωή (femminile) si riferisce maggiormente alla qualità della vita, al “modo di vivere” piuttosto che alla durata cronologica. In tal senso è interessante notare il già citato passo di Omero, Od. XV, 491, nel quale si legge ζώειν βίον ἀγαθόν (zόein bίon agathόn), che significa “vivere pienamente una vita buona”. Alla ζωή sono collegati tutti gli esseri viventi (ta zoa) e proprio da questo aspetto prenderà il nome la “zoologia”, la scienza che studia gli animali. Curioso è il fatto che ζωή sia utilizzato da Eustazio anche per indicare la panna del latte: pur sapendo che potrebbe trattarsi di un semplice “accidente linguistico”, non si può escludere che un tale accostamento possa ipoteticamente riferirsi all’idea che il latte sia, in un certo senso, alla base della vita per tutti i mammiferi. Comunque, va notato ancora che proprio la parola ζωή avrà grande fortuna nel lessico cristiano, dove passerà ad indicare la vita spirituale in contrapposizione al βίος, cioè alla vita terrena e materiale: Gesù stesso in Gv. 14, 6 afferma: “Ἐγώ εἰμι […] ἡ ζωή” (Egό eimi he zoé), cioè “Io sono la vita (vera)”. Una vita spirituale che non è semplice proseguimento di quella biologica ma, piuttosto, suo completamento.
Passando, infine, all’ambito latino, sottolineo che il termine vita sintetizzi semanticamente tanto il concetto di ζωή, quanto quello di βίος. Essere Universitari per la Vita (e non, ad esempio, Universitari per il Bios o per la Zoe) è, quindi, emblematico della volontà di affermare con coraggio il valore intrinseco di ogni vita umana, indipendentemente dalla sua “qualità” o “durata” presunta.
Florio Scifo