Perché reazioni così forti alle parole del Papa sull’aborto?

Negli ultimi giorni si è parlato a lungo delle parole che il Papa ha pronunciato sull’aborto in occasione del suo recente viaggio in Belgio. Papa Francesco si è anche recato nella cripta reale sottostante la chiesa di Nostra Signora di Laeken, soffermandosi davanti alla tomba di re Baldovino. Nell’occasione, il Papa, dopo aver elogiato il coraggio del Re di «non firmare una legge omicida nel 1990, ha esortato i belgi «a guardare a lui in questo momento in cui si fanno strada leggi criminali». Proprio in questi giorni, ricorda Avvenire, il mondo politico belga sta discutendo se permettere l’aborto fino alla diciottesima settimana, dopo aver introdotto l’eutanasia anche per i bambini nel 2014. Come già ricordato dalla prof.ssa Cristina Siccardi, il Pontefice ha annunciato di voler dare inizio alla causa di beatificazione di re Baldovino, auspicando che «il suo esempio di uomo di fede illumini i governanti». Quindi, nell’intervista sul volo che lo ha riportato a Roma ha affermato: «Un aborto è un omicidio […] si uccide un essere umano. E i medici che si prestano a questo sono – permettimi la parola – sono sicari». Il Papa ha poi elogiato nuovamente la figura di Baldovino sottolineando come «il re è stato coraggioso perché, davanti a una legge di morte, lui non ha firmato e si è dimesso. Ci vuole coraggio!».
Le reazioni sono state decisamente veementi, complice il clima innescatosi dopo le recenti deboli manovre del governo italiano per incentivare la natalità, viste come un attacco alla 194, nonché per il dibattito americano sull’aborto in occasione delle presidenziali. Dapprima, è stato pubblicato un comunicato della Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurgi e degli Odontoiatri (FNOMCeO). Il Presidente, Filippo Anelli, ha ricordato come «la Legge 194 è una Legge dello Stato e, come tale, è dovere di tutti i cittadini rispettarla e applicarla». Insomma, i medici invocano il rispetto e l’applicazione di una legge come giustificazione per il loro operato. Queste risposte fanno eco a quelle dei due gerarchi nazisti Hermann Göring e Adolf Eichmann che giustificarono gli orrori perpetrati dicendo che avevano solo eseguito degli ordini. Anche loro, dopotutto, “applicavano” le leggi.
Significativa però è la reazione del primo ministro del Belgio, Alexander De Croo, il quale ha convocato il nunzio apostolico belga in seguito alle dichiarazioni di papa Francesco sull’aborto, affermando: «il mio messaggio sarà chiaro. Ciò che è successo è inaccettabile». Questa iniziativa del premier belga segna una significativa fuga in avanti nella guerra instaurata contro la Chiesa e il papato, soprattutto per quel che concerne temi legati alla morale. Mai prima d’ora, un leader politico aveva avuto l’ardire di contestare ad un tale livello le parole del Pontefice, supremo Pastore della Chiesa Universale e, per diritto divino, superiore a qualsiasi autorità terrena e indipendente da essa. Il Papa è il Vicario di Cristo, De Croo quale autorità può vantare? Di più, un Papa non solo ha il diritto di dire la verità sull’aborto, ma anche il dovere di manifestarla a tutti essendo in gioco la salvezza stessa delle anime, ancor prima della vita di esseri umani innocenti. Sia i medici italiani che le autorità politiche del Belgio commettono un duplice errore ideologico: (1) pensare che la legge umana positiva, in quanto tale, possa essere vincolante, indipendentemente dalla moralità del suo contenuto e (2) ritenere che la legge, in quanto tale, possa sancire una soglia al di sotto della quale il concepito non è un essere umano. Il positivismo giuridico, ricordava il prof. Mario Palmaro nel suo libro Ma questo è un uomo (Edizioni San Paolo, Milano 1996), consiste essenzialmente nel fatto che «una norma non è buona o cattiva, ma più semplicemente esiste, è stata posta da chi aveva autorità per farlo, e quindi ha forza di legge» (p. 213). È proprio quanto asseriva Thomas Hobbes (1588-1679) nel suo Leviatano: «Auctoritas, non veritas, facit legem». Proseguiva Palmaro dicendo che «nel mondo della giuridicità si è così aperta una crisi profondissima: un diritto che non trae la propria ragion d’essere dalla giustizia è avvertito come eteronomo, come esterno e sovrapposto alla coscienza». Obbedire tuttavia ad una legge frutto della volontà e non della ragione può generare mostri: le leggi razziali del Terzo Reich sono un esempio di questo, ma non meno lo sono le legislazioni abortiste. Palmaro sottolineava come «la legge 194/78, viene definita dai suoi difensori “sacrosanta legge dello Stato”, con un evidente spostamento dell’attenzione dal contenuto della norma alla sua correttezza formale. L’argomentazione è gracile: basterebbe opporre che ogni battaglia di depenalizzazione dell’aborto ha come obiettivo l’abrogazione di una legge preesistente, che potrebbe essere definita altrettanto “sacrosanta”. E tuttavia il confronto tra abortisti e antiabortisti si arena spesso di fronte a questo ostacolo della legge così com’è, all’argomento del rebus sic stantibus. Perché? Il motivo è semplice: in un contesto impregnato di positivismo giuridico la 194 è sacrosanta, per il sol fatto che è, esiste. Siamo al punto d’approdo del lungo percorso iniziato da Kelsen, siamo al capolinea del suo formalismo che ha fatto scomparire il problema della verità del diritto dietro la maschera della sua validità» (p. 214).
Con la c.d. “dottrina pura del diritto” il filosofo Hans Kelsen (1881-1973), si proponeva di realizzare un metodo di studio della realtà giuridica così come essa è e non come dovrebbe essere in base ad un’idea trascendente di giustizia o di diritto naturale. In tale prospettiva, per la scienza giuridica una legge non è né giusta né iniqua, né legittima né illegittima: essa, semplicemente, è. Com’è possibile infatti, si chiedeva Mario Palmaro, «stabilire se una legge è giusta o ingiusta se non conosciamo alcun parametro che ci indichi ciò che è giusto e ciò che è ingiusto?» Kelsen asseriva che le norme giuridiche «non sono valide in forza del loro contenuto. Ogni qualsiasi contenuto può essere diritto: non vi è nessun comportamento umano che, come tale, in forza del suo contenuto, non possa diventare contenuto di una norma giuridica. Una norma vale come norma giuridica, sempre e soltanto perché si è presentata in un modo particolarmente stabilito, è stata prodotta secondo una regola del tutto determinata, è stata posta secondo un metodo specifico. Il diritto vale soltanto come diritto positivo, cioè come diritto posto» (Lineamenti di dottrina pura del diritto, Torino, 1988, pp. 95-96). In questo modo Kelsen spezza il legame tra morale e diritto, cancellando con un terribile colpo di spugna la dottrina tomistica della legge ingiusta (Summa Theologiae, I-II, q. 95, a. 2). In un discorso pronunciato da Pio XII il 14 novembre 1949 alla Sacra Rota il Papa ebbe a dire: «il puro fatto che qualcosa sia stata dichiarata dal potere legislativo come norma obbligante dello Stato non è da solo e per sé sufficiente per costituire vero diritto» e proseguì osservando che il regime di Hitler aveva svelato il vero volto del positivismo giuridico teorizzato da Karl Bergbohm (1849-1927): «Tutti noi siamo stati testimoni di come alcuni che hanno agito secondo tale diritto sono stati poi chiamati a rendere conto davanti alla giustizia umana […]. Si è constatato come, in base ai principi del positivismo giuridico, tali processi avrebbero dovuto concludersi con altrettante assoluzioni».
Nazismo e abortismo, in fin dei conti, poggiano sulla medesima base del positivismo giuridico. Ad esso, va opposto il giusnaturalismo, secondo cui, affinché una legge positiva possa essere giusta, deve fondarsi sui princìpi metagiuridici della legge morale naturale che, in quanto tali, stanno al di fuori della legge scritta e la precedono. Tali principi oggettivi sopravvivono anche quando il legislatore, o la maggioranza, li ignora o li smentisce. In tale prospettiva, checché ne dicano i medici o i politici, l’aborto, in quanto intenzionale e diretta soppressione di un essere umano innocente è e rimarrà sempre un atto intrinsecamente malvagio, che la legge positiva lo consenta o meno. Il Papa si è limitato a mettere le coscienze di fronte a tale verità.
Fonte: Corrispondenza Romana
Fabio Fuiano




Perché la verità fa sempre male a chi non la vuole ammettere. E reagisce violentemente per coprire ciò che è squallido. Sotto il sole.
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