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C’È LA VITA UMANA IN QUESTO MONDO: È GIUSTO COMBATTERE PER ESSA

Per quanto se ne parli ancora, dal punto di vista scientifico la vita in quanto tale resta ancora un problema tutt’altro che risolto: tra una cellula vivente e i sistemi non biologici di ordine più elevato, come un cristallo o un fiocco di neve, vi è il baratro più ampio e assoluto che sia possibile concepire (Michael Denton).

Tra il vivente e il non vivente non vi è solo una distanza quantitativa, ma qualitativa. Per essere ancor più corretti, la distanza è sostanziale – gli accidenti «propri» derivano dalla forma sostanziale, promanano dalla sostanza[1]. Ora, se tra i viventi e i non viventi vi è tale distanza, e vi è distanza anche tra i viventi (tra un vegetale e un animale), cosa pensare dell’essere umano? Ebbene anche in tal caso la distanza è sostanziale, non solo, ma sul piano ontologico l’essere umano è tale per la sua forma sostanziale umana (intellettiva). L’essere umano è concepito come tale, non lo diventa successivamente. L’aborto è soppressione della vita umana, per cui riguarda anche il piano ontologico. Vediamo brevemente in che modo. 

Già se si considera che al momento della fecondazione si ha una vera e propria mutazione/cambiamento sostanziale, ossia un nuovo essere umano con il proprio patrimonio genetico che non è la semplice somma di quello dei genitori (il tutto non è la semplice somma delle parti), ci si rende conto di trovarsi dinanzi ad una «novità», come è stato riportato nel precedente articolo. Inoltre, poiché il cambio sostanziale è avvenuto al momento della fecondazione, ciò che si verifica successivamente non è sul piano sostanziale, dunque l’essere umano è tale sin dal concepimento. L’essere umano, e questo deve essere espresso, è unico tra tutti gli enti materiali, dacché non è solo materia ma anche spirito (corpo e anima spirituale). L’essere umano non è qualcosa, ma «qualcuno»[2]. Dato che la natura di ogni cosa si rivela dalla sua operazione, l’operazione dell’uomo in quanto uomo è l’intellezione, per cui l’uomo trascende tutti gli animali[3]. La dignità dell’essere umano, prima ancora di essere in senso morale, lo è prima in senso ontologico; dipende dalla propria natura e non da ciò che si fa o si è in grado di fare effettivamente[4]. Inoltre, dal punto di vista cristiano, l’essere umano è la sola creatura sulla terra che Dio ha voluto per se stesso[5], e sant’Ireneo di Lione dice che la gloria di Dio è l’uomo vivente[6]. E se si parla davvero di «diritti umani», quello alla vita occupa il primo posto[7]. Possibile obiezione: dato che l’operazione dell’uomo in quanto tale è l’intellezione, se questa venisse a mancare, non comprometterebbe l’essere uomo? Risposta: l’essenza, la potenza e l’operazione sono distinte tra loro; l’intelletto è una potenza dell’uomo; l’intelletto è distinto dalla essenza (umana). Solo in Dio il tutto coincide, ma nel mondo creaturale vi è distinzione[8]. Che l’anima sia il principio intellettivo dell’uomo non vuol dire che la potenza intellettiva coincida con l’essenza, ma che l’intelletto è la sua facoltà principale[9]. Per concludere, da quanto esposto, non risulta affatto giustificato sopprimere la vita umana per motivi legati alla mancanza di operazioni, che possono essere impedite anche a causa di patologie. Ma anche qualora riguardasse la potenza intellettiva stessa, dacché un essere umano ha la sua essenza umana e tale resta, per cui la sua dignità a prescindere, dal concepimento alla morte[10]. Ed è proprio come nelle grandi storie, quelle che contano davvero. Sì, piene di oscurità e pericoli, ma c’è la vita umana in questo mondo: è giusto combattere per essa.

Gabriele Cianfrani


[1] Ad esempio, il «miagolio» non è l’essenza del gatto, ma è proprio del gatto miagolare, per cui ciò deriva dalla sua forma (sostanziale). Ma se fosse impedito di miagolare, per un motivo o per un altro, non per questo cessa di essere gatto.

[2] A questo punto si richiamerebbe il termine «persona», ma dato che per la profondità di tale termine occorre uno spazio proprio, si rimanda ad un prossimo articolo.

[3] Cfr. Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, Ia, q. 76, a.1.

[4] Cfr. A. R. Luño, Scelti in Cristo per essere santi. III Morale speciale, EDUSC, Roma 20122, p. 132.

[5] Cfr. Conc. Vat. II, Gaudium et spes, n. 24; cfr. Gen 1,26-31.

[6] Ireneo di Lione, Adversus haereses, IV, 20,5-7.

[7] Cfr. A. R. Luño, Scelti in Cristo per essere santi. III Morale speciale, EDUSC, Roma 20122, p. 140.

[8] Cfr. Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, Ia, q. 77, a. 1.

[9] Cfr. Ibid., q. 79, a. 1 ad 1um.

[10] Per il cristiano anche dopo la morte.

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