Argentina: la colossale balla dell’aborto clandestino
L’altro giorno, con grande rammarico, abbiamo appreso la notizia della legalizzazione dell’aborto in Argentina. Incredibile che, a brevissima distanza dalla fine di questo tremendo 2020, si è lavorato tanto per dare l’ultimo colpo di reni dell’anno e approvare l’aborto anche al senato argentino. Il mondo è messo letteralmente in ginocchio da un punto di vista morale, sociale, economico e sanitario per quanto sta accadendo e la priorità di certi politici qual è? Quella di fare il tutto e per tutto perché degli innocenti possano essere distrutti nel grembo delle proprie madri.
In tutto ciò, la scusa che più profusamente l’abortismo ha utilizzato è stata quella degli aborti clandestini. Secondo i propugnatori di questa nuova legge, con l’aborto gratuito e legale si metterà fine a questa fatidica piaga e le donne finalmente potranno uccidere “al sicuro” i propri figli. Questa, come altre pseudo-argomentazioni del mondo abortista, non è altro che un becero insulto alla logica e al buon senso. Perché qui è necessario capirci: l’aborto è malvagio solo quando è clandestino o è clandestino proprio perché è un atto intrinsecamente malvagio? L’omicida che volesse uccidere un uomo, ben sapendo che quell’atto è oggettivamente malvagio, commetterebbe l’omicidio nascostamente. Sarebbe paradossale se, per legge, si facesse un distinguo tra un omicidio “clandestino” e un omicidio “sicuro e legale” non trovate? Stessa cosa dicasi per il furto: può il ladro pretendere che lo Stato gli permetta una rapina “sicura e legale”? Se la vostra risposta è “sì”, allora mi aspetto che lasciate le porte di casa vostra spalancate per accogliere calorosamente il rapinatore. E che gli permettiate di uccidervi senza opporre alcuna resistenza, perché deve essere “libero” e “sicuro” mentre opera.
Se la vostra risposta, come mi aspetto, è “no”, allora dovreste spiegarmi per quale motivo quando si parla di aborto, improvvisamente si cambia idea. Esso è la deliberata e intenzionale soppressione di un essere umano innocente (agli abortisti l’impossibile sfida di dimostrare il contrario, a meno di negare l’evidenza) ed è dunque “clandestino” per sua stessa natura. La legalizzazione non rende l’atto abortivo meno ingiusto, né ha il potere di mutarne la natura. Men che meno il fatto che un fenomeno delittuoso abbia una certa diffusione ne giustifica la legalizzazione. Questa retorica sugli aborti clandestini va avanti da più di 50 anni ed ha ingannato moltissime persone, persino fra i pro-life.
Tutto ciò si basa inevitabilmente su una rappresentazione della realtà che non corrisponde alla realtà: in particolare, l’ideologia impone nel dibattito pubblico la negazione dell’umanità del concepito (gli abortisti sono negazionisti per natura) e, di conseguenza, lo degrada ad oggetto di cui la donna può arbitrariamente disporre. Ciò rende l’aborto un semplice “diritto” di disporre di una propria proprietà e dunque per quale motivo dovrebbe essere fatto in segreto? Gli abortisti si spingono anche oltre: perché non lo si dovrebbe elevare al rango di quegli atti di cui andare fieri? E se così è allora la legge deve semplicemente “adattarsi” al perverso desiderio di alcuni e sposare quella narrazione ideologica della realtà che nulla ha a che vedere con essa.
L’umanità del concepito, tuttavia, è un fatto e contra facta non valet argumentum. Essendo un essere umano, gode del diritto a non esser leso da alcuno. Perciò tale diritto, che si fonda sulla legge naturale (ovvero non è soggetto all’arbitrio di alcun legislatore), esclude categoricamente il “diritto” imposto dagli uomini a distruggerlo con l’aborto (indipendentemente dalle condizioni in cui si esegue). Possiamo anche strapparci i capelli sulle circostanze più disparate in cui una donna si sottopone ad una procedura abortiva, ma non possiamo farlo eliminando totalmente dalla scena il concepito, facendo finta che non esista.
Gli Universitari per la Vita continueranno a combattere per ribadire questa semplice verità e non si fermeranno fino a che l’aborto non tornerà illegale.
Fabio Fuiano