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Bioetica dove vai?

Il 7 Aprile, come alcuni sapranno, a Roma si è tenuto un convegno intitolato “Chiesa dove vai?” in cui si è parlato di numerose tematiche, già ampiamente riportate da innumerevoli giornalisti. Vorrei tuttavia soffermarmi su un intervento in particolare, quello del dottor Renzo Puccetti, per capire cosa sia la bioetica e, soprattutto, quale sia il suo scopo.

Infatti lo scopo della bioetica, come giustamente ha sottolineato il dottor Puccetti, non è quello di dare un’opinione, ma di esprimere un giudizio sull’immoralità o moralità di una determinata procedura biomedica usando un approccio interdisciplinare volto all’analisi di aspetti fondanti quali la scienza, l’antropologia e la distinzione tra bene e male. È stato sottolineato come le idee hanno sempre delle conseguenze e che quindi quelle cattive possono avere conseguenze disastrose. Proprio in virtù di questo, ha sottolineato Puccetti, è necessario rendersi conto dei gravi problemi che giacciono nei tre fondamenti della bioetica sopra citati.

Un esempio: un membro della PAV ha asserito che nel caso del piccolo Charlie Gard era evidente l’accanimento terapeutico definendo quest’ultimo in maniera tale da trarre conclusioni sbagliate: “interventi medici futili, inutili, privi di prospettive, altamente tecnologici, altamente invasivi, e in molti casi tali da dare forti sofferenze al malato”. Nelle slide mostrate, Puccetti ha demolito punto per punto questa “definizione” facendo notare come la ventilazione polmonare non è futile in quanto garantisce l’ossigenazione dei tessuti. Se si dovesse poi ragionare in termini di “prospettiva”, ci si domandava quale prospettiva abbiano malati di Alzheimer, pazienti oncologici o in stato vegetativo. Quanto alla tecnologia, molte persone usufruiscono di oggetti frutto del progresso tecnologico (come ad esempio pace-maker o impianti cocleari) e ciò non sembra implicare un accanimento terapeutico nei loro confronti. Sul piano della sofferenza, d’altro canto, è sufficiente vedere quanto costa in termini fisici una chemioterapia o un intervento chirurgico i quali si pongono come scopo quello di evitare una sofferenza maggiore tramite una di minore entità.

L’attenzione del discorso si è poi spostata sul ribaltamento del giudizio di moralità sull’impiego di tessuti embrionali in base a criteri etici meramente utilitaristici, quando la verità è che numerosissimi esseri umani muoiono (o rimangono congelati per anni) per un progresso scientifico soltanto presunto. Non si può approvare un grande male solo perché lo scopo è animato da “buone intenzioni”, saremmo di fronte al completo sovvertimento della moralità umana, volta paradossalmente ad incentivare azioni intrinsecamente malvage come l’omicidio.

In un tale intervento, non poteva mancare il riferimento a contraccezione e aborto. Il dottor Puccetti ha sapientemente riportato dei dati statistici rilevanti al fine di sfatare il mito che un aumento della mentalità contraccettiva causi una diminuzione degli aborti. Infatti, in uno studio del dottor Puccetti presentato al Congresso Mondiale di Ginecologia a Roma, si registra come nella federazione americana, nonostante l’utilizzo del preservativo, il numero di aborti è addirittura in aumento. Peraltro, in Francia, dove il 97% delle donne sessualmente attive utilizzano la contraccezione, si registrano oltre 200.000 aborti ogni anno, con un trend costante. Il dottor Puccetti ha anche riportato come un nuovo membro della Pontificia Accademia per la vita abbia criticato l’utilizzo dei metodi naturali a favore di “altre forme di responsabilità” ignorando innanzitutto che non esistono situazioni in cui è impossibile adottare metodi naturali e che alcuni trattamenti ormonali sono volti a rendere l’endometrio inospitale all’embrione, causando de facto un aborto.

Con tali dati verrebbe spontaneo chiedersi perché la contraccezione non causi una diminuzione degli aborti. È molto semplice: si è sovvertito il significato della sessualità. Quando tutto diventa un gioco e non v’è più nulla di responsabile, perché accettare il “rischio” di dover essere responsabilmente genitori? Se il sesso è qualcosa di svincolato dall’altissimo scopo della procreazione, ogni bambino concepito diviene un incomodo da eliminare senza possibilità d’appello. La mentalità contraccettiva non causa un’effettiva diminuzione degli aborti perché è figlia dello stesso pensiero che ha generato la mentalità abortiva: quello che mette al centro l’aspetto ludico e deresponsabilizza i giovani recidendo ogni loro eventuale legame col reale. E come può un giovane slegato dalla realtà concepire il fatto che ciò che cresce nel ventre materno è già un essere umano e non comincia ad esserlo in un preciso istante? O è un essere umano dal momento della fusione di gamete maschile e femminile o non lo sarà mai. Probabilmente, con una maggiore consapevolezza del dono immenso della sessualità e con un’adeguata educazione al rispetto della dignità umana si potrebbe giungere ad invertire questa tremenda tendenza. Certo questo costa molto più che dire ad un giovane “tieni, questo è il preservativo, vai e divertiti”. Chi conosce la verità non abbia paura di esprimere un giudizio sulla questione e dica alle donne che le conseguenze dell’aborto sono ben più gravose della visione edulcorata e rosea che impone il pensiero pro-choice. Anche se la cara Monica Cirinnà si risentisse.

Fabio Fuiano

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