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Aborto “sostenibile”

I bambini che subiscono operazioni intrauterine, alla loro nascita, non presentano cicatrici.

Da pochi anni vengono praticate su feti non ancora nati delle operazioni, dette intrauterine. I ricercatori dell’Università di Losanna, in Svizzera, si resero conto che questi bambini una volta nati non avevano più nessun segno delle operazioni avvenute, la pelle cicatrizzando si riformava perfettamente. I ricercatori pensarono bene di studiare questo effetto per poter curare gli ustionati. Da anni vengono fatti molti studi sui feti abortiti ancora in vita, “[…] Verificata l’ipotesi, i ricercatori di Losanna hanno deciso di associarsi ad un laboratorio privato, Neocutis, autorizzandolo a commercializzare la prima crema antirughe a base di cellule di pelle di feto. I responsabili di Neocutis hanno dichiarato al giornale le Parisien: “In nessun caso noi incoraggeremo l’aborto.” […]”

Una domanda sorge spontanea a chi scrive. Perché divampa la moda del vegan-free (metodologia secondo la quale i prodotti messi in vendita non vengono testati su animali) se poi viene usato un essere umano scartato dalla società per produrre un crema per il viso ? É forse in nome di questo crescente rispetto per l’ambiente e per la sostenibilità che i tessuti del “grumo di cellule” vengono riutilizzati per questi futili motivi?

La verità è che essere no-cruelty, vegan-free, whitout parabeni and coloranti è più in voga dell’essere pro-life.

“[…] Un feto deve avere 28 settimane di vita perché sia riconosciuto legalmente come essere umano. Prima di questo momento equivale a spazzatura” Philip Stanley, portavoce della Langhman Street Clinic in Inghilterra. Sembra logico quindi che una società che ragioni in questi termini non si faccia problemi ad utilizzare per scopi commerciali quello che a tutti gli effetti è il corpo di un essere umano, degno di sepoltura anche quando non viene accolto dalla madre e dal padre.

I genitori vengono convinti così che il figlio che stanno per abortire sia come un organo utile a salvare vite, come fosse il sangue del cordone ombelicale, un rene, o come una lunga treccia di capelli biondi destinata ad una malata di tumore. Spesso vengono rintontiti con domande utili solo a scaricare la coscienza di chi le pone, ansiosi invece di sentirsi accolti in quel momento di interiore fragilità.

Meglio abortire che metterlo al mondo un bimbo con problemi, no? Vuoi forse tenerlo in queste condizioni? In fondo quello non è tuo figlio, è solo un grumo di cellule.

Grumo di cellule utile alla scienza, alla medicina, e alla vanità. E al dio denaro.

 

Teresa Inghilleri

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