Dottore prima esegue aborti tardivi e poi offre ai genitori fotografie e impronte dei bambini
Il noto Dr. LeRoy Carhart, fautore dell’aborto tardivo, vive praticando aborti su bambini che avrebbero possibilità di sopravvivenza fuori dall’utero ed ha precedenti per aver danneggiato e ucciso anche le loro madri. Inoltre, cerca di far passare questi aborti pericolosi come perdite involontarie, per alleviare un qualsivoglia dubbio o senso di colpa dei genitori e, allo stesso tempo, per apparire come un uomo compassionevole.
Dopo il “parto”
In realtà, Carhart è un uomo che sa (e che dice) di uccidere bambini, sa di danneggiare delle donne e sa di essere pagato molto per farlo. Mentre gli americani discutono sull’esistenza stessa dell’aborto tardivo, Carhart li sta impacchettando in belle scatolette con biglietti “in memoria di”. L’abortista dà ai genitori la possibilità di vedere o di tenere il bambino dopo il “parto” (aborto). Si possono fare fotografie, stampare le impronte dei piedini, e viene data ai genitori una piccola scatola contenente dei ricordini da portare a casa. Carhart non evita neppure di utilizzare il termine “bambino” invece che feto, perché sa che quelli erano considerati figli “voluti” dai loro genitori, finché non fallissero il test di perfezione cui i medici sottopongono i bambini ancor prima che mamma e papà possano vedere le loro facce.
Utilizzare il termine “bambino” e trattare l’aborto come fosse spontaneo – come se l’aborto fosse una morte accidentale anziché un omicidio intenzionale – è offensivo verso tutti quei genitori che abbiano mai pianto la perdita di un loro figlio ancora nel grembo. Per tutti quei genitori che abbiano mai dovuto combattere per la vita del loro piccolo, è offensivo e doloroso vedere qualcuno uccidere il proprio figlio e comportarsi come se fosse la stessa cosa. È perverso distruggere intenzionalmente un bambino e poi fingere una perdita inevitabile. Come scrive Stella Morabito sul The Federalist: “rappresenta una piena guerra frontale al legame madre-figlio, legame che è la fonte di ogni relazione empatica umana. Schernirlo così apertamente coltiva l’accettazione sociale dell’infanticidio. E immette le madri in questa stessa accettazione.”
“Risparmiare a tuo figlio una vita di sofferenza”
Convincere le madri che i loro figli sono meglio morti è una bella impresa per l’industria dell’aborto. Mentre la maggior parte dei bambini uccisi in aborti tardivi sono sani, ad alcuni di questi bambini nel grembo è stata diagnosticata un’infermità che ne causerà la morte poco dopo la nascita, oppure – ciò che gli avvocati abortisti affermano essere peggio della morte – che condurrà a una vita con una disabilità. In questo senso, hanno manipolato le donne per far loro credere che uccidere il loro bambino sia un atto di pietà. Nella sua brochure, Carhart informa: “se dovessi decidere di risparmiare a tuo figlio una vita di dolore e sofferenza, il nostro staff è disponibile ad aiutarti in questo periodo difficile”.
Dopo aver letto ciò, chiunque stesse ancora considerando la vita per il loro bambino, si sentirebbe come se così facendo stesse infliggendo pena e sofferenza al proprio figlio. In realtà, scegliere la vita per un bambino con una diagnosi è normale. Non uccideremmo nostro figlio se gli fosse diagnosticata una condizione da neonato, durante la prima infanzia o nell’adolescenza. L’aborto per disabilità tratta questi esseri umani come se non valessero niente di più che una diagnosi. E se le nostre vite sono definite solo dalla nostra sofferenza, perché viviamo?
Gli abortisti e i genitori sanno la verità – questi bambini sono esseri umani.
I bambini uccisi tramite aborto tardivo possono sentire il dolore e sono consapevoli se un oggetto esterno –come uno strumento chirurgico o un ago – accede nell’utero. È stato visto durante le amniocentesi che i bambini nel grembo si tirano indietro di fronte all’ago. E quando i chirurghi effettuano operazioni sui bambini in questa fase, somministrano l’anestesia, perché sanno che questi bambini possono sentire.
È davvero un atto di pietà uccidere un bambino con il metodo doloroso e brutale del dismembramento o con l’iniezione di un farmaco che fermerà il suo cuore? In quegli ultimi momenti della sua vita, mentre il battito del suo cuore aumenta, avrà una morte serena? Non sarebbe più umano e compassionevole accogliere il nostro bambino nel mondo per essere tenuto e amato – anche solo per poco tempo? Cosicché se anche morissero poco dopo la nascita, abbiano conosciuto solo l’amore, non la paura. E non è umano e caritatevole accettare i nostri figli per ciò che sono, disabili o no?
Quando gli abortisti offrono la possibilità ai genitori di coccolare e instaurare un legame con un bambino che, volutamente, hanno pagato per uccidere, si evidenzia l’ovvio: i bambini nel grembo sono esseri umani. Gli abortisti lo sanno. I genitori lo sanno. La società lo sa. Se trattiamo i bambini nel grembo con il giusto rispetto dopo la loro morte, dovremmo dare loro lo stesso rispetto mentre sono ancora vivi.
Traduzione di Sara Sanna