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Cosa ci attende se legalizziamo il suicidio assistito? (Seconda parte)

Fonte immagine: https://angelusnews.com/news/life-family/canada-maid-pushback-grows/

Anche le condizioni “rigorose” originarie in base alle quali era stata legalizzata la MAID erano terribilmente vaghe. Cosa significa che la morte di una persona è «ragionevolmente prevedibile», si domanda Calabro. «Due mesi? Due anni? Il Dipartimento di Giustizia canadese ha suggerito solo “un periodo di tempo non troppo lontano”». Questo ha lasciato molti medici perplessi e ha fornito un’enorme scappatoia ai medici più “entusiasti” dell’eutanasia e del suicidio assistito per far rientrare praticamente chiunque nella legge.

E poi, come si è scoperto, non tutte le morti si sono rivelate così “dignitose”. Calabro racconta come alcuni dei primi pazienti corrispondessero all’immagine ideale descritta dai sostenitori dell’eutanasia: ricchi, gravemente malati (di solito a poche settimane dalla morte) e istruiti. Avevano riflettuto a lungo e intensamente su ciò che volevano fare e avevano fatto la loro “scelta”.

Ma quando le richieste di MAID hanno iniziato ad arrivare in massa, la situazione è diventata rapidamente confusa. Una dottoressa, Sandy Buchman, ricorda un paziente che era «completamente solo» e che «ha dato il consenso finale da un materasso sul pavimento di un appartamento in affitto». «È stato orribile», racconta Buchman. «Si può capire quanto possano essere difficili e terribili certe situazioni». Un’altra dottoressa ricorda il suo disagio quando un paziente di circa 30 anni, a cui era stato diagnosticato un cancro, ha chiesto il suicidio assistito, nonostante avesse buone possibilità di guarigione con le cure. Ma lui le ha rifiutate e ha insistito invece per il suicidio assistito. Quando la dottoressa Li ha chiesto consiglio ai colleghi, è rimasta turbata dalle loro risposte. «Ciò che mi è apparso molto chiaro dalle risposte che ho ricevuto», ha detto, «è che molte persone non hanno remore etiche o cliniche al riguardo: si tratta solo dell’autonomia del paziente e, se un paziente lo desidera, non spetta a noi giudicare. Dobbiamo soddisfare la sua richiesta».

Calabro aggiunge, in modo agghiacciante: «E così ha fatto». Cioè, la dottoressa Li ha ucciso un paziente di 30 anni che aveva elevate possibilità di guarigione, semplicemente perché lui lo aveva chiesto. E anche se ha affermato di «aver rimpianto la sua decisione quasi subito dopo che il cuore dell’uomo aveva smesso di battere», ciò non le ha impedito di supervisionare centinaia di morti con l’aiuto del MAID. Ora che il Canada sta valutando la legalizzazione dell’eutanasia assistita nei casi di malattie mentali, la questione di quanto possa essere esteso il concetto di “autonomia” assume un’urgenza estrema. Senza dubbio, alcuni pazienti affetti da depressione grave richiederanno l’eutanasia assistita (in realtà, ci sono prove che alcuni lo abbiano già fatto e siano stati sottoposti a eutanasia nella categoria generica delle “malattie gravi”). Tuttavia, quando chiedono la morte, sono veramente autonomi? Possono davvero dare il loro consenso?

Tra le tante persone che tentano il suicidio, ma sopravvivono, molte esprimono in seguito profonda gratitudine per non essere riuscite a togliersi la vita. Molte continuano a vivere una vita ricca e appagante. Legalizzare il MAID per persone come queste le lascerà indifese nei momenti più bui. La natura della malattia mentale è tale che spesso rende impossibile al paziente avere speranza o prevedere che le cose potrebbero migliorare in futuro. La depressione, per sua stessa natura, convince il paziente che le cose saranno sempre così brutte e che non potrà più sopportare il dolore. Legalizzando il MAID per loro, il governo canadese direbbe essenzialmente: «Sì, le cose non miglioreranno. Siamo d’accordo con te. Sarebbe meglio se ti uccidessi. E non solo ti aiuteremo a farlo, ma pagheremo anche per questo».

Si tratta di un’inversione diabolica dell’attività sanitaria. E deve essere fermata.

Sebbene l’articolo di The Atlantic non sia contrario al MAID in quanto tale, Calabro ha sollevato questioni estremamente urgenti che troppe persone ignorano allegramente. Tuttavia, molti canadesi potrebbero rendersi conto, quando sarà troppo tardi, che porre il MAID al centro delle cure di fine vita significa esercitare su di loro, nei momenti più difficili, una forte pressione affinché mettano semplicemente fine alla loro vita o a quella dei loro cari. Una volta che viene consentito il modo “più facile” e “più economico”, questo tende ad esercitare una sorta di forza gravitazionale. Ecco perché ogni nazione civilizzata ha costantemente vietato il suicidio e ha investito risorse per proteggere coloro che sono a rischio di suicidio.

Ed è per questo che la Chiesa cattolica ha costantemente e insistentemente insegnato che il suicidio assistito e l’eutanasia sono una grave violazione della legge morale. Non perché la Chiesa sia contraria all’autonomia personale (un punto focale nella società moderna che non coglie il senso della questione. Indipendentemente dai benefici percepiti, l’uccisione intenzionale di una vita innocente è sempre sbagliata). Ma piuttosto perché essa si erge come ultimo difensore della dignità di ogni persona umana, credendo che gli esseri umani abbiano un valore intrinseco, siano essi nati o non ancora nati, malati o sani.

Articolo pubblicato su Human Life International.

Traduzione a cura di Marco Pirlo

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