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“A 38 settimane mi hanno proposto di abortire mio figlio perché down”: la tetimonianza di una mamma

Immagine articolo filippo

Una madre ha raccontato tutte le volte in cui le è stato proposto l’aborto per il figlio con la sindrome di Down, anche a 38 settimane di gravidanza.

 Cheryl Bilsborrow, una mamma del Lancashire di 45 anni è arrabbiata con i medici che l’avevano in cura durante la gravidanza, perché dopo la scoperta che il figlio che portava in grembo aveva la sindrome di Down, le hanno sempre e soltanto consigliato di abortire. La donna ha deciso di parlare della sua storia dopo che è stata divulgata la notizia che in Inghilterra il test prenatale non invasivo, il NIPT, ha portato ad un calo delle nascite di bambini con la sindrome di Down del 30%.

É ormai evidente che sempre più donne dopo essersi sottoposte al test genetico e venendo a conoscenza del rischio che i figli potrebbero avere una malformazione genetica ricorrono all’aborto. Molte lo fanno proprio perché spinte in quella direzione dai medici stessi, come avvenuto nel caso di Cheryl. La quale dopo il test NIPT ha comunque deciso di partorire il bambino con la sindrome di Down e pensa che questi test siano assolutamente sbagliati e discriminatori.

La madre inglese non ha affatto approvato il comportamento dei medici e ha spiegato così le sue ragioni: “Mio figlio Hector di due anni è un bambino meraviglioso. Ha capelli biondi bellissimi e occhi azzurri e sorride e ride sempre, dando baci e cercando abbracci, ma quando ero incinta mi è stato fatto credere che la sua vita non avrebbe avuto alcun valore e che avrei dovuto abortirlo. Perché? Perché ha la Sindrome di Down”.

Quando è rimasta incinta di Hector era alla sua quarta gravidanza per Cheryl ed i medici dell’ospedale le hanno consigliato di sottoporsi ad un test di screening per la Sindrome di Down. Dal risultato del test si è riscontrato che era ad alto rischio di partorire un bambino con la sindrome di Down, una notizia che in un primo momento ha sconvolto lei e il marito David, spingendoli ad affidarsi ad una clinica privata che effettua il NIPT per £ 400. Dopo qualche settimana dal prelievo per il test è giunta la telefonata che ha confermato la probabilità del 99% che il bambino avesse la sindrome di Down.

Cheryl ha raccontato che da subito i medici e le ostetriche le parlavano solo degli aspetti negativi della cosa, come se fosse una vera e propria maledizione. Anche quando si recava agli appuntamenti di controllo le ostetriche le ricordavano sempre che avrebbe potuto interrompere la gravidanza e nonostante la ferma opposizione della donna non c’è mai stata assistenza e nessuna consulenza per la scelta di tenere il bambino, l’aborto sembrava essere l’unica soluzione percorribile. Questa mamma avrebbe voluto un maggiore apporto dal personale ospedaliero, qualcuno che l’aiutasse nella sua scelta e nelle sue difficoltà, ma così non è stato e anche quando è andata a fare l’ecografia di controllo a 38 settimane l’ecografista le ha nuovamente proposto di abortire, ma lei gli ha risposto che avrebbe fatto finto di non aver sentito.

La donna ed il marito sono stati sempre irremovibili ed hanno voluto portare a termine la gravidanza ad ogni costo. Così è nato Hector, il piccolo è nato con ipotonia, ma con l’aiuto di fisioterapisti e professionisti ora si alza in piedi, le tiene la mano ed ha iniziato a camminare, gli piace cantare e suonare il piano ed ha anche iniziato a dire qualche parolina.

A seguito di tutta questa vicenda Cheryl ha deciso di parlare pubblicamente, condividendo anche la sua opinione sul test di screening genetico prenatale: “Questo test dovrebbe essere vietato in modo che possano nascere più bambini come Hector. Quindi, dato che bambini come mio figlio possono vivere una vita perfettamente felice e normale, perché ogni anno vengono spesi milioni di sterline per lo screening della Sindrome di Down che a sua volta incoraggia le madri ad abortire i loro bambini non ancora nati? In molti ospedali già è possibile fare il test NIPT, ma nel prossimo futuro sarà offerto ad ancora tante altre madri. Penso che questo sarebbe disastroso”.

Questa storia dimostra in modo lampante le conseguenze del diffondersi della “cultura della morte” in tutto il mondo, conseguenze che non potranno che aggravarsi ulteriormente se non si fa nulla per contrastare questa deriva etica e morale. Dall’aborto per ragioni “mediche” si è giunti all’aborto indiscriminato e ora anche all’aborto eugenetico. Bisogna capire che è in atto un vero e proprio genocidio silenzioso che prende di mira i più deboli e indifesi di tutti. Davanti a questa strage degli innocenti non si può tacere, ma anzi bisogna scendere in campo per riaffermare la sacralità di ogni vita umana, anche di quella che alcuni ritengono indegna di essere vissuta.

Filippo D’Amico

1 commento »

  1. Sara’ bello vederlo quando crescera’ e manterra’ la stessa capacita’ mentale di un bambino di 9 anni. Sara’ carino a quella eta’, ma non credo che sua madre sara’ felice di badare a lui per tutta la vita.

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    • Proietti quello che pensi tu su tutte le donne del mondo. Noi conosciamo mamme con figli disabili, disabilità ancor più gravi, e sono felicissime. Quindi anche solo trovarne una sfata il tuo assunto.

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  2. Non so quanto voi abbiate chiara la situazione, ma io ho una buona visione dei fatti dato che avevo un cugino Down. I miei zii non hanno avuto alcun supporto da parte dello stato, mia zia ha dovuto lasciare il lavoro per occuparsi 24 ore al giorno di suo figlio, trascurando i suoi fratelli e tutto il resto. Non sapete quante volte mio cugino ha avuto attacchi di panico e ha distrutto la casa o mandato gente in ospedale dato che aveva una forza incredibile e nessun autocontrollo. Mia zia ha dichiarato piu’ volte che se lo avesse saputo prima avrebbe abortito. Non ha senso che una madre debba diventare una badante a tempo pieno senza paga, lo stato dovrebbe dare un sostegno a queste famiglie coraggiose. Vi assicuro che molte di quelle che abortiscono lo fanno per non finire come mia zia, non per capriccio.

    Tra parentesi, la signora dell’articolo e’ inglese. Qui in UK uno che decida di restare a casa a badare a un parente disabile riceve agevolazioni e uno stipendio statale, piu’ vouchers da spendere per la cura della persona disabile. Fosse stata in Italia, sarebbe finita a fare la fame.

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    • Appunto, allora vedi anche tu che non è l’aborto la soluzione? Le tue parole dimostrano come tutto questo sia un enorme ricatto: siccome lo Stato non ti aiuta allora c’è sempre la soppressione di un essere umano innocente per “togliersi il peso”. Uno Stato del genere che non ti dà alcun aiuto per la vita ma ti offre tutti i servizi possibili per la morte, è iniquo. Se l’aborto non fosse neanche preso in considerazione come “soluzione”, potresti vedere quanto sostegno verrebbe fornito alle persone con figli disabili.

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